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fiume 01
14 Ottobre 2019

IL FIUME STELLA

DALLA "STRADALTA" ALLA LAGUNA DI MARANO di Guglielmo Donzella

Può capitare, a volte, di trovarci a tu per tu con elementi della natura che ci lasciano senza fiato e senza parole non solo per la loro bellezza, il fragore che emettono o gli effetti “speciali” che spesso ci sovrastano per la potenza con cui si manifestano (pensiamo a una cascata, a un’eruzione vulcanica o un violento temporale), ma anche per la loro semplice e silenziosa dignità, tali da rendersi affascinanti e incantatori ai nostri sensi e ai nostri cuori.
Il fiume Stella è uno di questi, appartenenti a quella categoria di “opere della natura” capaci di mostrarsi come sono; donando tutto ciò che hanno come l’amico a cui non puoi non voler bene, l’amico che ti sa accogliere con la serena consapevolezza che ciò che ti offre è ciò che ha, anche se si tratta di un semplice sorriso o due accoglienti e sincere braccia spalancate.
Fin da piccolo, quando abitavo a Palazzolo, mi piaceva la compagnia di questo fiume che scorreva poco distante da casa mia. Mi avvicinavo a lui e camminavo e lo guardavo dall’alto dei suoi argini o attraversavo la Passerella in legno e funi d’acciaio che collegava il paese all’abitato del Polesan o saltellavo sul Ponte di ferro, costruito dai militari, appena dietro la chiesa, all’inizio della strada bianca che conduce a Rivarotta.
Dalle fessure delle tavole dove si camminava osservavo la sua corrente, come guardando la pellicola di un film. Mi piaceva catturare con la vista i piccoli gorghi che si formavano e sparivano, trasportati con forza verso il mare; o l’ondeggiare a volte sinuoso, a volte più agitato, della vegetazione ancorata al fondale e immersa nell’acqua.
Alle elementari spesso la maestra ci leggeva la leggenda di questo fiume e il perché del suo nome. E io ogni volta con l’immaginazione andavo a quella bambina che, allontanandosi dal villaggio e perdendosi tra i boschi, vide una stella cadere vicino a lei e formare, pian piano e illuminandolo, un corso d’acqua che le indicava la via del ritorno verso casa...
Poi, negli anni, ho imparato a conoscere il suo carattere accettandolo anche nella terribile alluvione del '66, quando le abbondanti piogge lo gonfiarono a dismisura e il vento di scirocco gli impedì di raggiungere il mare obbligandolo a uscire dai suoi argini e allagare pericolosamente strade, cortili e abitazioni di molti paesi.
Capii che quel fiume non era solo un corso d’acqua, ma qualcosa di vivo, capace di manifestare le sue paure, le sue esigenze e i suoi desideri. E iniziai ad amarlo ancor di più, a cercarlo tra le anse, seguirlo tra gli abitati (Flambro, Sterpo, Flambruzzo, Ariis, Chiarmacis, Rivarotta, Pocenia, Palazzolo, Precenicco, Piancada i cui nomi assumono significati onomatopeici o sono legati all’opera distruttiva del terribile Attila), i paesaggi o il variegato territorio che lambiva lungo il suo andare.
Dalle sue sorgenti e giù, verso la Laguna di Marano dove si trovano le sue foci, dopo aver accolto le acque di due piccoli affluenti (il Taglio e il Torsa) scoprivo un mosaico composto da vegetazioni simili e diverse (rovi, salici, canneti verso la foce...); e poi, poco distanti, i campanili, quasi piccole vedette che ne proteggono il suo percorso.
Ammiravo le ville romantiche e le dimore storiche dove legami d’amore clandestini e sofferti trovavano sollievo e discreta complicità rispecchiandosi sulle sue acque fresche spinte dalla corrente; ma anche angoli naturali per le coppiette in cerca di atmosfere romantiche ma non banali, o per chi volesse riposare e cercare pace all’ombra dei tanti alberi che si ergono sulle sue sponde.
Ogni tanto mi intrattenevo a parlare con pazienti pescatori all’amo che arrivavano anche da lontano (dal Veneto, molti dall’Emilia-Romagna e dall’Austria), o attendevo che le reti delle bilance, azionate meccanicamente, venissero issate per scoprire quanti pesci saltellanti erano rimasti imprigionati e, quasi sempre, il risultato era una vera sorpresa!
Nel corso della sua storia questo corso d’acqua (il cui nome, Anaxum, gli veniva dato al tempo dei romani) consentiva il trasporto veloce di piccole imbarcazioni cariche di manufatti verso l’entroterra.
Dopo le terribili incursioni dei barbari che ne sfregiarono gli argini in maniera violenta, verso l’anno mille questo corso d’acqua divenne luogo ideale per l’attracco dei Cavalieri Teutonici diretti in Terra Santa o per accoglierli e curarli, se feriti o malati, in piccoli ospedali al loro ritorno dalle crociate.
Con l’incremento dei traffici commerciali e marittimi tra la Serenissima e il Patriarcato aquileiese la sua missione cambia ulteriormente e il fiume Stella diventa un’importante collegamento tra Venezia e l’entroterra friulano per il trasporto, soprattutto, di sale, tabacco e spezie.
Dagli anni del secondo dopoguerra la sua funzione quale via di comunicazione venne sempre meno utilizzata (anche a causa di alcune difficoltà di dragaggio del fondo per il timore di ordigni bellici inesplosi), ma assume un’importanza straordinaria in quanto viene riconosciuto tra i fiumi più belli in Italia e dalle acque più pulite e incontaminate.
La sua bellezza naturalistica, inoltre, diventa meta per molti appassionati di questo genere, o per chi desidera lenire, nei periodi caldi dell’anno, le arsure estive; ma anche per ammirare i colorati paesaggi primaverili o i caldi colori autunnali che fanno da sfondo a tramonti mozzafiato.
E che dire delle atmosfere sferzanti invernali ognuna, però, accompagnata da quel caratteristico odore che sale lungo le narici e ti rimane in gola per molto tempo e che riesci a riconoscere anche a occhi chiusi!
Non solo un fiume quindi..., ma un amico, un fratello… un compagno capace di sorprenderti quando, ad esempio, sulle sue rive e a contatto con le sue acque, ammiriamo l’architettura rurale ed elegante di Villa Ottelio ad Ariis (dove si svolse parte della storia d’amore tra Lucina Savorgnan e Luigi da Porto al punto da ispirare Shakespeare per il suo capolavoro letterario “Giulietta e Romeo”) o visitiamo, sempre ad Ariis, l’interessante Acquario che ospita le specie ittiche dell’ecosistema fluviale della nostra Regione.
Ed ecco che verso Piancada si staglia, sulla riva sinistra del fiume, la struttura “razionalista” della Casa del Marinaretto, un edificio dalle caratteristiche finestrelle a oblò, progettato e costruito tra il 1935-1936 come luogo di addestramento per i giovani marinai e per ospitare, successivamente, l’Opera Nazionale Balilla.
Interessante è osservarne l’intera architettura dalla prospiciente piazza di Precenicco, facilmente raggiungibile attraversando il ponticello in legno.
Sempre in Comune di Precenicco in località Titiano, ecco che sugli argini di un’ansa dalla parte destra del fiume si staglia, discreta, la Chiesetta della Madonna della Neve, legata alle leggendarie vicende dei Cavalieri Teutonici.
E infine, giungendo verso la sua foce nella Laguna di Marano, si possono scorgere i caratteristici “casoni” circondati da tamerici e canne, dove storie, canti, partite a carte tra amici, sane e robuste mangiate in compagnia hanno ospitato generazioni di pescatori e oggi accolgono turisti e villeggianti desiderosi di immergersi nell’atmosfera silenziosa e romantica, oltre che rispettosa, di questo piccolo angolo di paradiso...

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