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ValRaunaStavoli
14 Ottobre 2019

Attualità e memorie autunnali

DALLA VALCANALE di Raimondo Domenig

Con gli incontri in alta montagna, il classico appuntamento dei Tre Confini o Dreiländerecktreffen al Monte Forno, Baite Aperte in Val Bartolo e, in valle, con le sagre di Camporosso e del Settembre pontebbano si chiudono in Valcanale le tradizionali kermesse estive transfrontaliere, le feste patronali e le sagre paesane. In ottobre si celebra anche la tradizionale chiusura stagionale del santuario del Monte Lussari. S’inizia a voltare pagina. Lo fa in modo progressivo la natura, vestendosi dei toni marcati e vivaci della sua tavolozza, con i colori giallo, rosso e bruno pallido e acceso, opaco e lucido dell’autunno. Solo la primavera è in grado di contendere alla stagione il primato della bellezza paesaggistica alpina.
L’ineluttabile sopraggiungere della stagione induce pure l’uomo a mutare i suoi ritmi e, dopo l’estate, a rivolgere maggiormente l’attenzione alle attività lavorative e private. Le prime brinate sono uno dei segnali più caratteristici del mutamento climatico, accompagnate dal suono caratteristico delle seghe circolari che segnalano i preparativi di provvista del legname per la stagione fredda.
Le manifestazioni pubbliche lasciano lo spazio a iniziative d’altro segno come la smonticazione di mucche e di cavalli dalle malghe nella giornata della Madonna di settembre o il 29 del mese del bestiame asciutto. Il segnale dell’evento è dato dai rintocchi ritmati dei grossi campanacci appesi al collo delle mucche e di festosi ornamenti floreali a quello dei cavalli. Il tradizionale modo di accudire due o tre mucche nelle calde stalle dall’autunno alla primavera costituiva fino agli anni 1960-70 una delle principali fonti di reddito per molti abitanti della valle (latticini, carne e vari sottoprodotti). Ora l’attività spicciola individuale sta scomparendo perfino dalla memoria e resta in molti casi solo più nel ricordo degli anziani. In modo altrettanto veloce scompaiono le feste di ringraziamento per i raccolti.
Per l’allevamento del bestiame dobbiamo fare ricorso alla memoria del passato, a quando venivano monticati sulle malghe tra i 1000 e i 1600 metri di altitudine migliaia di bovini e altrettanti di ovini e perfino centinaia di suini. Allo scopo erano allora allestiti e frequentati brevi tracciati di transumanza tra il fondovalle e le malghe, mentre ora il bestiame proveniente prevalentemente dalla pianura è trasportato ai pascoli alpini con i camion, come ad esempio avviene sulla malga Montasio. S’è persa così l’imprevedibile e nel contempo faticosa usanza dell’ascesa alle malghe con gli animali in primavera e della successiva discesa autunnale.
Della primitiva attività umana di utilizzo dei prodotti d’origine animale si sa ben poco. Voglio tuttavia soffermare l’attenzione su alcuni elementi inerenti il tema. Chi ricorda ancora, ad esempio, l’ingegnoso metodo di misurazione del latte prodotto in malga? Non essendoci allora registri per segnarne la quantità fornita da ogni singola vacca si ricorreva ad un piccolo bastoncino squadrato di legno chiamato Rosch. Lungo una decina di centimetri veniva inciso, a uno dei bordi sul lato superiore, una V e sezionato poi verticalmente, in modo da ottenere due scaglie combacianti, una matrice e una figlia. Il pastore incideva lateralmente, con un unico taglio tacche rispettivamente per le quantità di latte prodotto sulla base di misure chiamate Star e Naf per mastelli di diversa capacità. Si ottenevano così due identiche unità di misura, che impedivano ogni possibilità di errore, di malinteso o anche di truffa. Con questi piccoli e semplici strumenti di legno venivano calcolate le forme di formaggio assegnate a fine alpeggio a ciascun titolare.
In antico le forme di formaggio erano utilizzate perfino come moneta compensativa alla Signoria. Erano di pezzatura inferiore a quelle prodotte dai friulani del Canal del Ferro. Venivano trasportate a valle a spalla con l’utilizzo di un telaio dotato di bretelle, detto Kraks’n, a cui era fissata la mensola. La struttura era una sorta di sedile e consentiva il trasporto di più forme accatastate l’una sull’altra. Per gli interessati al tema specifico all’ingresso dell’albergo "La Baita" di Malborghetto fa bella mostra la gigantografia di una scuola di casari sulla malga Strachizza nel 1913.
Va doverosamente segnalato anche il singolare fenomeno di trasferimento della popolazione di Ugovizza, che in primavera saliva un tempo in massa, e ora solo in casi rarissimi, sulle proprie malghe o puanine per esercitarvi la pastorizia e l’agricoltura d’alta montagna. Si riappropriava del paese solamente nel tardo autunno per trascorrere poi in valle tutta la stagione invernale. Il fenomeno dello spostamento dei paesani assieme al bestiame e alle masserizie va datato ad almeno un millennio fa. Era una consuetudine consolidata, tanto che lo spopolamento del paese in primavera aveva consigliato nel XIX secolo alle autorità di costruire per i bambini dell’alpe una scuola estiva secondo i precedenti dettami della scuola dell’obbligo introdotti dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Il segno tangibile di tale struttura è il restaurato edificio alpino in val Rauna che negli anni 1930 aveva preso il nome di rifugio Michele Gortani. Le puanine sono diventate ora ambiti obiettivi turistici d’alta montagna anche per i suoi sette agriturismi e locande, uno di essi presente oltre il confine austriaco, e sono servite da un sentiero di collegamento delle valli del comprensorio: Rauna, Uque e Filza, realizzato dal Comune di Malborghetto-Valbruna e chiamato Puanina Tour.
 

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