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foto n. 2
17 Giugno 2019

A casa del … “Diavolo”

DI LÀ DA L'AGHE, SEQUALS di Leonardo Zecchinon

Sequals, anno 1937. Seduto sulla sua carrozzella, il vecchio Angelo percorreva ogni giorno la bianca stradina che attraversava un ampio giardino. Una giovane ragazza lo accompagnava, sospingendolo pian piano fino a raggiungere l’imponente cancello in ferro battuto che dava sulla piazza principale del paese. Il sole di settembre inondava della sua luce calda e obliqua i baluginanti mosaici del monumento ai Caduti. La rugiada che ancora bagnava i riccioli e le volute finemente forgiati del portone d’ingresso rimandava rutilanti riflessi. “A che cosa state pensando?” chiese con deferenza Delia. La ragazza, allora quattordicenne, era mia madre. Per quel servizio quotidiano riceveva in compenso una palanca (dieci centesimi). Assorto nei suoi ricordi, Angelo Pellarin, o meglio il Gjaul com’era chiamato in paese, non rispose nulla. Pensava alla piazza Cesarina Pellarin. Pensava alla “sua” piazza.
Per capirci meglio dobbiamo tornare indietro, all’inizio degli anni Venti. La piazza principale di Sequals era chiamata “Maggiore”. Disponeva di una fontana esagonale in pietra e della pesa pubblica. E tutto sommato non era un gran che.
All’epoca Pellarin era un cognome importante, appartenuto a personaggi che hanno lasciato una evidente impronta del loro passaggio e che, a differenza di oggi, era anche piuttosto frequente in paese. Nato a Sequals il 18 dicembre 1864, Angelo apprese giovanissimo il mestiere del mosaicista-terrazziere. Poco più che ventenne, costituì a Bruxelles con il fratello maggiore Filippo la “P. & A. Pellarin Frères”, società che si occupava della realizzazione e posa di “mosaiques vénitiennes et romaines” sia in Belgio che in Olanda. La ditta aveva sede a Molenbeek, un quartiere della capitale che riporta alla mente da una parte bucolicamente l’etimologia della sua denominazione: il ruscello (beek) del mulino (molen), dall’altra invece i sanguinosi attentati di Parigi del 2015, in quanto proprio in quella zona di Bruxelles fu scoperto il covo dei terroristi.
Dopo una vita di lavoro in Belgio, Angelo Pellarin, ormai anziano, fece ritorno al suo paese natale, dove trascorse gli ultimi anni dedicandosi a piccoli lavori di falegnameria e mosaico, compatibilmente con le sue condizioni di salute. Quella che era la sua abitazione a Sequals, oggi sede municipale, è tuttora chiamata “cjasa dal Gjaul”. Al rientro dalla passeggiata quotidiana, a parte la sontuosità dei terrazzi, catturava lo sguardo l’aspetto massiccio e cupo dell’arredo della villa, ingentilito comunque dal pullulare di raffinati soprammobili: erano porcellane di Delft, che il Gjaul aveva collezionato negli anni durante le sue trasferte di lavoro nella vicina Olanda. Si sono dette tante cose, anche negative, sul suo conto per dare una spiegazione a quell’inquietante soprannome, ma la realtà era ben diversa. Infatti il tanto tempo trascorso nel Belgio Vallone aveva lasciato nel Gjaul non poche tracce, fra le quali un frequente intercalare nella sua parlata di “diable”. Da qui al soranom il passo fu breve.
Dal suo matrimonio con Maria Arcioni era nata nel 1902 un’unica figlia, Cesarina, che morì a soli diciassette anni, pare a causa di una meningite. Dopo tre anni venne a mancare anche la moglie e il 28 giugno dello stesso 1923 il Gjaul sposò Antonietta Grandis. Da questo secondo matrimonio non nacquero altri figli.
Ma ritorniamo alla piazza. Prima dei fatti che andiamo a raccontare, il giardino di Angelo Pellarin si estendeva fino a fronteggiare la casa Facchina. Erano gli anni Venti e i personaggi più autorevoli del paese avevano messo in atto iniziative davvero importanti per Sequals. Analizziamone alcune. Grazie al finanziamento di Giovanni Zannier era sorta a fianco della casa di Gustavo Mora la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso, ormai quasi ultimata. Nel 1920 era nata la Società Anonima Mosaicisti, ad opera di Pietro Pellarin e Andrea Avon. All’ing. Egidio Carnera era stato affidato il compito di progettare il monumento ai Caduti della Grande Guerra. Pietro Pellarin, Gino Zanelli, Vincenzo Odorico, Fernando Segnafiori e Vincenzo Foscato, imprenditori nel settore del mosaico e del terrazzo alla veneziana, si resero ben presto conto che al paese serviva una piazza più grande e che l’unica soluzione possibile sarebbe stata quella di interpellare il Gjaul. Angelo Pellarin, messo al corrente della situazione, ebbe parole di elogio per le iniziative intraprese e di fronte alla richiesta di cedere a titolo gratuito una parte della sua proprietà, si dimostrò consenziente ma tergiversò sui tempi di attuazione. Si susseguirono altri incontri fra i maggiorenti del paese, finché il Gjaul assunse la sospirata decisione di donare il terreno necessario per l’ampliamento della piazza, a patto che venisse intitolata alla memoria di sua figlia Cesarina. I lavori iniziarono ben presto e nel giro di qualche anno la nuova piazza Cesarina Pellarin assunse l’assetto definitivo che tutti conosciamo. Il 28 giugno 1925 fu inaugurato il monumento ai 34 Caduti di Sequals. Pietro Pellarin e Vincenzo Odorico ne avevano curato la parte artistica. L’opera fu realizzata grazie all’on. Odorico Odorico, che ne contribuì, come recita l’apposita targa a lui dedicata, “cospicuamente” al finanziamento. Nella stessa memorabile giornata veniva inaugurato anche l’asilo infantile Alice Pellarin, fatto edificare da Pietro Pellarin in memoria dell’amata figlia Alice, deceduta prematuramente lasciando due figli in tenera età. La sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso fu inaugurata il 7 febbraio 1926. A questo punto le iniziative degli anni Venti dei nostri più grandi imprenditori-benefattori, se così possiamo chiamarli, avevano trovato piena realizzazione.
La casa del Gjaul è ornata, in alto sulla facciata principale, con un fregio in mosaico, che riproduce un motivo realizzato da Gian Domenico Facchina al Trocadero di Parigi. Era divenuta una consuetudine che i nostri artigiani lasciassero in dono al paese natale una sorta di saggio dimostrativo dell’arte profusa nei palazzi più prestigiosi di mezzo mondo.
Angelo Pellarin nei suoi ultimi anni pensava spesso al traguardo finale ma c’era qualcosa che lo terrorizzava più della morte stessa: la morte apparente. Ne aveva sentito parlare da qualche amico o conoscente e ne era rimasto alquanto turbato.
Questa la premessa per raccontare un aneddoto, pervenuto da fonti diverse, con qualche piccola discrepanza nei dettagli, ma con una sostanziale collimazione nei fatti. Il Gjaul era ricoverato all’ospedale di San Daniele quando si rese conto che ormai il suo tempo stava per terminare. Ancora lucido, impartì le ultime disposizioni: la sua bara doveva essere allestita in modo particolare e cioè il falegname avrebbe dovuto inserire nel coperchio della bara stessa una finestra di vetro e ne specificò anche le dimensioni.
La sua salma, una volta composta nella bara, avrebbe dovuto tenere tra le mani, oltre alla corona del rosario, anche un martello di piccole dimensioni. Il carro funebre, che l’avrebbe riportato a casa sua a Sequals, doveva essere proprio un carro, trainato da due cavalli. Tutto questo al fine di salvaguardarsi da una possibile morte apparente: se durante il tragitto, grazie agli scossoni del carro e quindi anche della bara, si fosse risvegliato, avrebbe immediatamente rotto il vetro del coperchio con il martelletto e si sarebbe salvato.
Le sue ultime volontà furono eseguite alla lettera, ma purtroppo la sua morte, avvenuta l’11 marzo 1938, non fu assolutamente apparente.
Angelo Pellarin riposa nel cimitero di Sequals nell’austera tomba di famiglia, ornata di fregi in mosaico a fondo dorato e di quattro eleganti colonne doriche.

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